Comune Orsara Bormida
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Adagiato sui primi contrafforti dell’Appennino Ligure-Piemontese a 295 metri sul livello del mare, a dodici chilometri da Acqui Terme, tredici da Ovada e trenta da Alessandria, si trova Orsara Bormida, piccolo centro agricolo che conta attualmente poco più di 400 abitanti. Il suo nome originario “Ursaria” (cioè terra degli orsi), evoca il feroce plantigrado che nell’antichità ne popolava il territorio, ricco di anfratti e caverne naturali scavate nella roccia. Le origini del paese si perdono nella notte dei tempi. Nell’antichità, la nostra zona era popolata dai Liguri, in particolare dalla tribù degli Statielli fondatori di Acqui (Aquae Statiellorum) tribù che, nel 179 a.C., venne sconfitta e sottomessa dai Romani. Non sappiamo se al tempo della conquista romana esistesse già sul territorio orsarese un insediamento umano. Nel 106 a.C. i Romani costruirono la Via Aemilia Scauri, (Via Emilia) importante collegamento stradale tra Dhertona (Tortona) a Vada Sabatia (Vado Ligure). L’altura utilizzata per costruire la torre e, in un tempo successivo, il castello d’Orsara, era un punto strategico di grande rilievo: permetteva il controllo dell’importante via di comunicazione da Sezzadio ad Acqui. Pensare, quindi, che, subito dopo l’apertura della strada romana, sia stato istituito sulla collina orsarese un posto fisso di avvistamento, non è un’ipotesi da scartare. Se questo non fosse avvenuto, dobbiamo, allora, spostare la probabile data di edificazione della torre di oltre un millennio: e cioè, arrivare, ai tempi delle incursioni saracene (il più funesto saccheggio di Acqui e del territorio circostante avvenne nel 933 d.C.). Risale, probabilmente, a quel periodo l’erezione in Val Bormida, in prossimità del tracciato della Via Emilia, di molte altre torri che, grazie alla loro posizione dominante, permettevano di avvistare per tempo l’avanzare delle orde barbariche.
Le sue origini risalgono al periodo medievale, come attestato da documenti risalenti al 1260.
Venne coinvolta nelle lotte che si ebbero tra il vescovo di Acqui e la città di Alessandria.
Alla fine del XVI secolo venne scorporata da Morsasco e venuta a Sebastiano Ferraris, famiglia che deterrà il possesso del castello fino agli anni della rivoluzione francese. Fu profondamente ristrutturato con opere pubbliche tese a migliorare la vita collettiva dall’ing. Giuseppe Ferrari, sindaco dal 1896 al 1902. Il castello, trasformato dall’iniziale torre di avvistamento ad abitazione signorile, passò al marchese Cesare Staglieno di Genova nel 1918, ai Capo provenienti dall’Argentina e, dal 1951, ai Remondini di Genova.
Conserva ancora il suo castello (privato, non visitabile), il Museo Etnografico che documenta l’identità storica e socio-culturale del paese nell’Ottocento e nel primo Novecento e la parrocchiale di San Martino che conserva una bella tela del Monevi.